12/06/2008 www.tecnicadellascuola.it
Salvatore Quasimodo, quarant’anni dopo
di Luigi Mariano Guzzo.
Il 14 giugno ricorrono i quarant’anni dalla
morte del premio Nobel per la letteratura
Salvatore Quasimodo. L’Italia sembra non
ricordarlo. Eppure il suo impegno per la poesia
non ha precedenti nella cultura del nostro
Paese.
Quest’anno, precisamente il 14 giugno, ricorre
il quarantesimo anniversario della morte del
grande poeta italiano Salvatore Quasimodo,
premio Nobel per la Letteratura nel 1959. Anche
se non sono state molte le celebrazioni
organizzate in sua memoria nel nostro Paese, che
spesso pare dimenticarsi dei suoi figli più
illustri, tracciare un breve profilo delle sua
attività letteraria è doveroso.
I ragazzi delle scuole italiane, alla fine
Quasimodo lo vivono quotidianamente.
La sua figura è presente su molte Antologie
delle scuole primarie e delle scuole secondarie
di primo e di secondo grado. Senza contare che,
in questi esami di Stato se, come sempre
avviene, i pronostici non saranno smentiti,
insieme a Pavese (di cui a settembre ricorrono i
cent’anni dalla nascita) Quasimodo è uno dei
grandi attesi per la prima prova d’Italiano.
La poetica di Quasimodo, come per ogni artista,
è stata influenzata certamente dai dolori che la
vita ha posto lungo il suo cammino e dalle
incomprensioni che spesso ha suscitato la sua
attività nella cultura ufficiale.
Salvatore Quasimodo non ha una fanciullezza
facile. Nasce a Modica (Ragusa) il 20 febbraio
del 1901. E’ figlio di un capostazione delle
Ferrovie dello Stato ed è così in continuo
movimento da un paese all’altro della Sicilia.
Dopo il tragico terremoto del 1908 Salvatore,
ancora bambino, segue il padre a Messina, dove
era stato chiamato per riorganizzare la locale
stazione. Prima dimora della famiglia è un
vagone ferroviario.
E’ nella città dello Stretto che Quasimodo, nel
1919, si diploma all’Istituto Tecnico “Jaci”,
sezione fisico-matematica.
Ad appena diciotto anni lascia Messina e si
trasferisce a Roma. Nella Capitale inizia gli
studi in ingegneria ma li abbandona dopo poco
tempo per dedicarsi al latino e al greco. A
iniziarlo negli studi è, in Vaticano, monsignor
Rampolla del Tindaro, nativo di Polizzi
Generosa, in provincia di Palermo e grande
letterato (pare che sia stato l’autore della
prima grammatica della lingua sanscrita, la
lingua ufficiale indiana). Intanto inizia a
pubblicare versi su giornali locali messinesi.
Nel 1926 il Ministero dei Lavori Pubblici assume
Quasimodo al Genio Civile di Reggio Calabria.
L’attività di geometra non lo soddisfa, anche se
comunque gli offre la possibilità di vivere
discretamente. L’avvicinamento alla Sicilia gli
consente comunque di riabbracciare i suoi vecchi
affetti e di intensificare le sue pubblicazioni.
E’ grazie al cognato Elio Vittorini (scrittore
italiano, nato nel 1908 a Siracusa e morto a
Milano nel 1966) che nel 1929 Salvatore
Quasimodo si trasferisce a Firenze, dove stringe
amicizia con numerosi letterati, da Alessandro
Bonsanti, ad Arturo Loira, a Gianna Manzini, a
Eugenio Montale. Questi intellettuali si
riuniscono intorno alla rivista culturale “Solaria”.
L’inizio dell’attività pubblicistica su
“Solaria” segna l’investitura ufficiale della
condizione poetica di Quasimodo. Ed è proprio
per le “Edizioni Solaria" che esce nel 1930
Acque e terre, il primo libro della storia
poetica di Quasimodo, accolto con entusiasmo dai
critici dell'epoca, che salutano la nascita del
nuovo poeta.
Nel 1934 Quasimodo è a Milano. Nel capoluogo
lombardo collabora per un breve periodo a “Il
Tempo” e si trova al centro di una sorta di
società letteraria di cui facevano parte poeti,
musicisti, pittori e scultori.
Dopo aver abbandonato il genio civile ed aver
cominciato a fare il segretario del regista e
scrittore Cesare Zavattini, Quasimodo riceve nel
1941, per meriti letterari la cattedra di
Italiano al Conservatorio di Milano. Ormai
Quasimodo è entrato a tutti gli effetti nella
letteratura ufficiale italiana.
Nel 1959, un po’ a sorpresa, riceve il premio
Nobel per la letteratura “per la sua poetica
lirica, che con ardente classicità esprime le
tragiche esperienze della vita dei nostri tempi”
–si legge nella motivazione- e pronuncia il
famoso discorso, “Il poeta e il poltico”,
ribadendo l’esigenza di una responsabilizzazione
politica della letteratura.
Quasimodo muore 14 giugno del 1968 in macchina,
colpito da un malore, sulla strada verso Napoli.
Fa quasi vergogna l’indifferenza di un Paese nei
confronti di un Premio Nobel, le cui opere sono
state tradotte in quaranta lingue (compreso il
coreano). Come sono passati sottotono i cent’anni
dalla sua nascita nel 2001, passerà anche
l’anniversario della morte. Ma che cosa rimane
di Quasimodo quarant’anni dopo la sua scomparsa?
Sicuramente il suo impegno a favore della poesia
non ha precedenti nella cultura italiana.
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